Tre e solo tre sono le fonti da cui può provenire l'approvvigionamento di denaro necessario per uno Stato: il settore pubblico, il settore privato ed il settore estero.
Questi
tre settori sono
intercomunicanti,
e fra di essi avviene
un continuo scambio
di denaro:
Essi però non sono affatto di pari importanza: infatti solo il settore pubblico e quello estero possono introdurre in circolo nuova moneta, mentre il settore privato non può (nessun privato può stampare moneta).
Essi però non sono affatto di pari importanza: infatti solo il settore pubblico e quello estero possono introdurre in circolo nuova moneta, mentre il settore privato non può (nessun privato può stampare moneta).
A
proposito della diffusa ed erronea convinzione secondo
la quale anche il settore bancario (privato) potrebbe
creare denaro "dal nulla", si veda questa
"pillola", dalla quale si ricava che tutte le transazioni esistenti a livello privato (non-governativo) si “sommano a zero”,
mentre la vera
e propria creazione di moneta avviene solo
a livello governativo.
Tuttavia
anche il settore estero, come si diceva, può
introdurre nel circuito nazionale nuova moneta, attraverso
le esportazioni.
Una
ben nota equazione
macroeconomica di
base, fatta propria dal
modello dei Saldi
settoriali (o
Bilanci settoriali) di
Wynne Godley, postula
che:
BILANCIO
INTERNO PRIVATO
+ BILANCIO INTERNO
GOVERNATIVO + BILANCIO
ESTERO = O
Inoltre,
poiché
- bilancio interno privato = Investimenti meno Risparmi (I - S)
- bilancio interno governativo = Spesa pubblica meno Tasse (G - T)
- bilancio estero = Esportazioni meno Importazioni (X - M)
l'equazione può
essere riscritta
così:
(I - S) + (G - T) + (X - M) = O
Riscriviamo quindi così l'equazione:
E
ADESSO FACCIAMO IL "PAREGGIO DI BILANCIO":
CHE SUCCEDE?
Ora
proviamo a vedere cosa succede quando applichiamo
ciò che siamo costretti a fare da quando
(il 17 aprile 2012) il nostro Parlamento ha costituzionalizzato,
con numeri plebiscitari, quell'assurdità macroeconomica
che è il "pareggio
di bilancio":
Useremo
numeri molto semplici, per rendere la cosa comprensibile
a tutti.
Poiché
c'è l'obbligo del pareggio di bilancio, alla
voce "bilancio interno governativo" (G-T,
Spesa pubblica meno Tasse) dobbiamo scrivere O.
Supponiamo
ora che l'economia in crisi ci impedisca di esportare
più di quanto importiamo: alla voce "bilancio
estero" (X-M, Esportazioni meno Importazioni) scriveremo
ad esempio -3.
Riscriviamo quindi così l'equazione:
(I - S) + O - 3 = O
Sorpresa!
Perché l'equazione sia verificata occorre che
sia in attivo il settore privato (I-S,
Investimenti meno Risparmi), ovvero che noi cittadini
spendiamo più di quanto teniamo per noi sotto
forma di risparmi!
3 + O - 3 = O
Capito
il trucco? Con
il "pareggio di bilancio" il peso della crisi
viene scaricato interamente addosso a noi.
IL
DEFICIT PUBBLICO E' INDISPENSABILE PER UN'ECONOMIA SANA
Per
poter ragionare a mente serena dobbiamo eliminare
la "terza scatola":
il settore estero.
No,
niente paura, nessun errore nei calcoli.
Possiamo
eliminarlo perché, per tutta una serie di ragioni che
sarebbe lungo spiegare, è auspicabile che
il bilancio dell'import-export tenda al pareggio,
e quindi a zero.
Di fatto,
perciò, le forze in gioco
sono due: il settore
pubblico e quello
privato:
proprio per questo
possiamo permetterci
di riscrivere l'equazione
eliminando il settore
estero:
(I - S) + (G - T) = O
Ora,
riflettiamo: se
vogliamo che il settore privato sia
in attivo,
necessariamente,
perché sia
rispettata l'equazione, il
settore pubblico
deve essere
in passivo.
Questa
è una necessità
aritmetica, in quanto
la somma del bilancio
dei due settori
è pari a
O.
Naturalmente
è vero anche
il contrario: se
il settore pubblico accumula
surplus (è
in attivo), necessariamente,
perché sia
rispettata l'equazione, il
settore privato deve
incorrere in un
deficit (essere
in passivo).
Quindi
"fa lo stesso"
quale dei due settori
è in passivo?
Nemmeno per sogno.
Infatti,
se
il settore privato
spende più
di quanto incassa,
si impoverisce,
mentre questo non
accade al settore
governativo di uno
Stato con moneta
sovrana, perché esso può
creare moneta, mentre
i privati no!
Il
settore pubblico
può dunque
spendere in deficit
e creare risparmio
per il settore privato
senza impoverire
nessuno.
Compito
di uno Stato
degno di questo
nome sarebbe quello
di immettere in
circolo la giusta
quantità
di moneta:
"giusta"
vuol dire sufficiente per promuovere
la piena occupazione,
rilanciando così
l'economia, e permettere
alla popolazione
di risparmiare qualcosa,
senza
generare inflazione.
Naturalmente
questo
con l’euro è
impossibile,
perché lo
Stato non lo emette,
ma lo utilizza
soltanto, prendendolo
in prestito e pagandoci
degli interessi, che sono precisamente quelli che stanno
affossando la nostra economia: quindi lo
Stato è diventato
come un privato
che, se spende 100,
deve incassare 100
in contropartita
(pareggio
di bilancio).
Questo
obiettivo è
assolutamente deleterio per
il benessere della
popolazione,
che sarà
impoverita regolarmente
di anno in anno
dallo Stato. Sarebbe
sostenibile solo
nel caso in cui
l'Italia esportasse
più di quanto
si importa, facendo
rientrare in gioco
il settore estero.
Ma
questa evenienza,
oltre ad essere
assurda in sé
(se tutti devono esportare, chi importa?
Marte?), è legata a troppe
variabili per poter fare affidamento
su di essa ed è
attualmente, per
la maggior parte
dei Paesi europei,
inattuabile: molti
di essi infatti,
fra cui proprio
l'Italia, basavano
le loro esportazioni
sulla svalutazione
competitiva,
che con l'euro è
stata resa impossibile;
in pratica solo la
Germania ce la può
fare,
perché gode
di un euro tedesco
super scontato e
per rendere competitive
le proprie esportazioni
ha adottato politiche
di drastica deflazione
degli stipendi dei
suoi lavoratori.
Lo stesso ex-ministro
Grilli ha affermato: “La
Germania, se avesse
ancora il marco,
lo avrebbe visto
schizzare verso
l’alto e si sarebbe
preoccupata per
le sue esportazioni”.
Meno
male che c’è
l’euro che rende
la vita facile alla
Germania, mentre
costringe alla disperazione
milioni di persone
nel sud-Europa!